Ritorno dal Nulla

sabato, novembre 04, 2006

Breve storia dell'eroina terapeutica

Un articolo molto interessante; un pò lunghino ma merita una lettura.
Purtroppo di questi argomenti in Italia o non se ne parla oppure si fa solo falsa informazione.
Questo articolo è ben scritto; si fa informazione vera, quindi lo pubblico.

Articolo di Claudio Cappuccino*

(Fonte: toolsantipro.it)

Prima di tutto, deve essere chiaro che l’eroina - come risulta inequivocabilmente da un buon numero di studi - non differisce in modo significativo dalla morfina, dall’idromorfone e da altri oppioidi oggi meno usati. Il metadone richiede invece un discorso a parte.

Nell’opinione pubblica - e purtroppo anche fra medici, politici e giornalisti - sono radicate le idee che “oppiacei=irreparabile danno alla salute”, “eroina=morte”.
Va chiaramente detto e ripetuto che questo è semplicemente falso.
Finché ci basiamo su ignoranza e pregiudizio non andiamo da nessuna parte.

Per esempio, uno dei più autorevoli testi di medicina dice chiaramente che
- a parte il rischio di overdose non-intenzionale, di reazioni avverse a contaminanti (“tagli”), di infezioni dovute a mancanza di igiene nella preparazione o nell’iniezione della sostanza (tutti problemi dovuti al mercato nero) - gli oppioidi di per sè sono “sorprendentemente non tossici anche quando sono usati quotidianamente ad alte dosi per molti anni”
(C.P.O’Brien in: Cecil Textbook of Medicine, 20th ed., W.B. Saunders 1996, p. 52).

Del resto la storia insegna che la dipendenza da oppioidi non è incompatibile con una vita normalmente lunga e anche “più che normalmente” produttiva. Marco Aurelio, William Wilberforce, Francisco Goya, William Halsted, Coco Chanel, Umberto Saba, per citare solo qualche nome, sono stati tutti più o meno a lungo (alcuni per qualche decennio) “dipendenti” da oppio o morfina.
Il dott. X, studiato da W.C. Cutting dopo 62 anni di dipendenza da morfina (Stanford Medical Bulletin 1:39-41, 1942), era in ottima forma fisica e mentale a 84 anni di età, avendo smesso di fare il medico solo tre anni prima.

Per quanto riguarda la distribuzione controllata di eroina, anche se l’esperimento svizzero appare il primo condotto con rigoroso metodo scientifico e con obiettivi che vanno al di là del semplice “tamponamento” del problema, non si tratta di una novità.

Vale la pena di vederne i precedenti storici.

Fino ai primi anni del XX secolo, non esiste in nessun paese alcun controllo sugli “stupefacenti”, che sono venduti non solo nelle farmacie (senza ricetta medica), ma spesso anche nelle drogherie o per posta.
L’oppio e la morfina - in decine di preparati diversi che a volte, come nel caso delle “medicine brevettate”, non dichiarano neppure la loro composizione - sono medicinali di uso comune per una serie infinita di disturbi e malattie, di cui dolori reumatici, dolori mestruali, cefalee, nevralgie, mal di denti, coliche addominali, TBC, diarrea, tosse, insonnia (anche nei bambini) sono i principali.
I medici li prescrivono anche per il diabete, per molti disturbi psichiatrici, e come “sostitutivi” nell’alcolismo.

Anche prima della proibizione, la “dipendenza” da oppiacei in occidente riguarda comunque una percentuale minima della popolazione (probabilmente non superiore o appena superiore a quella di oggi), e specialmente le donne di mezza età (gli uomini sono più facilmente dediti all’alcool).
Al contrario in Oriente, dalla Persia alla Cina, l’uso “voluttuario” di oppio è un fenomeno sociale diffuso, prevalentemente fra gli uomini, e salvo che in Cina - dove si hanno i primi tentativi di proibizione - largamente accettato.

L’eroina è sintetizzata fin dal 1874, ma entra nell’uso corrente nel 1898, prodotta dalla Bayer e pubblicizzata come “il sedativo della tosse”.
La letteratura medica dell’epoca la ritiene meno dotata di proprietà euforizzanti, e meno capace della morfina di dare dipendenza.
Qualcuno (soprattutto in Francia) la utilizza nelle cure di disassuefazione dalla morfina.
Alcuni prodotti reclamizzati per la “cura del morfinismo” contengono eroina (altri contengono la stessa morfina).

Nel 1914 gli USA - fino ad allora estremamente permissivi - approvano l’Harrison Act, il prototipo delle leggi proibizioniste. Di punto in bianco, centinaia di migliaia di persone “dipendenti” da oppiacei, non potendo più comprare liberamente la loro “medicina”, devono rivolgersi ai medici per la prescrizione.
Il “tossicodipendente”, fino ad allora rispettabile cittadino, indistinguibile dagli altri, improvvisamente diventa visibile e portatore di uno “stigma” sociale.

Negli USA nascono rapidamente numerose cliniche specializzate nella disassuefazione o nel mantenimento dei “tossicodipendenti”: alcune gratuite, tutte molto a buon mercato rispetto alle tariffe correnti dei medici privati. In pratica queste cliniche funzionano come oggi i servizi di distribuzione del metadone per il “mantenimento” dei pazienti con dosi controllate e stabilizzate di oppiacei o, se richiesto, per la disassuefazione graduale. La sostanza più usata dai tossicodipendenti - e quindi anche nelle cliniche -
è la morfina, ma l’eroina viene subito dopo.

Per esempio, la Worth Street Clinic di New York, nel 1919, dopo due mesi di apertura ha 2723 pazienti, di cui il 79% usa l’eroina.

Tuttavia, questo dura poco. Fra il 1919 e il 1921, la legge viene interpretata dai giudici in modo sempre più restrittivo, le terapie di mantenimento da parte dei medici sono giudicate illegittime, e tutte le cliniche vengono forzate a chiudere. Una delle ultime a sopravvivere è la clinica di Shreveport, in Louisiana, gestita in modo inappuntabile dal dott. W.P. Butler e - visti gli eccellenti risultati - fortemente supportata dalla cittadinanza e dalle autorità locali.
Ma quest’anomalia non può durare: le pressioni della Divisione Narcotici del Ministero del Tesoro diventano insopportabili, e nel gennaio 1923, il dott. Butler annuncia, in un’amara lettera a un giornale locale, l’inevitabile chiusura del servizio.

Per i medici americani diventa sempre più difficile e professionalmente rischioso prescrivere regolarmente oppiacei ai loro pazienti “tossicodipendenti”. Fiorisce il mercato nero, e per pura convenienza economica, l’eroina soppianta rapidamente la morfina.
Infatti, da un chilo di morfina si ottiene circa un chilo di eroina, ma da un chilo di eroina (farmacologicamente più potente della morfina) si possono ottenere due o tre volte più “dosi” da vendere - e quindi si fanno due o tre volte più soldi.

L’eroina diventa rapidamente “il nemico”. Nel 1924 il Congresso USA la mette fuorilegge, e da quella data, il braccio antinarcotici del governo degli Stati Uniti ebbe praticamente carta bianca.
Nel 1930 fu istituito il Federal Narcotics Bureau, affidato a Harry J. Anslinger.
Medici, farmacisti, e comuni cittadini furono spesso minacciati o incriminati.
Il dott. Thomas P. Ratigan, Jr. di Seattle merita di esser ricordato per gli oltre vent’anni di solitaria ed eroica resistenza, in nome della libertà terapeutica, a una vera e propria persecuzione da parte del potentissimo Harry J. Anslinger.

Intanto su pressione degli USA, negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale, la maggior parte dei paesi adottano una politica strettamente proibizionista.
In Inghilterra, con il Dangerous Drugs Act del 1920 la prescrizione di narcotici viene riservata ai medici e l’acquisto (già in precedenza possibile solo in farmacia) viene subordinato alla presentazione di una ricetta.


Nel 1924 - in vista delle Conferenze di Ginevra sull’Oppio - il governo inglese nomina una Commissione per studiare il problema della dipendenza dalle “droghe” ormai proibite.
Presieduta dall’autorevole medico Sir Humphrey Rolleston, la Commissione pubblica nel 1926 un rapporto in cui si dichiara che l'uso non medico di oppiacei è solo un problema medico, non criminale, che va lasciato nelle mani dei medici senza ricorrere a a leggi più restrittive, in quanto “con rare eccezioni, la dipendenza da morfina e eroina deve essere considerata la manifestazione di uno stato morboso e non una mera forma di viziosa indulgenza” (p. 31). I medici inglesi restano liberi di prescrivere oppiacei (e altre sostanze, come la cocaina) secondo il loro autonomo giudizio professionale ai loro pazienti “dipendenti”, anche per il mantenimento senza limiti di tempo nei casi in cui:
(a) una completa astinenza da morfina o eroina produca seri disturbi, non trattabili in modo soddisfacente nelle normali condizioni della pratica medica;
(b) il paziente, mentre è capace di condurre una vita discretamente normale e produttiva prendendo una certa dose non-progressiva, generalmente piccola, di sostanza, ma non ne è più capace quando la somministrazione regolare venga interrotta (p. 32).
Il Rolleston Report costituisce la base del cosiddetto “Sistema inglese” che - negli anni a venire - sarà oggetto di ammirata analisi da parte di numerosi studiosi americani.

Il British System fino al 1968 resta un sistema non organizzato, decentrato al livello dei singoli medici, e non soggetto a controlli o valutazioni scientifiche.
Ciascun medico aveva il diritto di decidere sulla base del proprio autonomo “giudizio professionale”.

Ma alla fine degli anni ’60, il British System dimostra un punto di debolezza.
Da qualche anno, il numero dei tossicodipendenti in trattamento presso i medici è in rapido aumento.
Mentre fra il 1936 e il 1963 questo numero passa solo da 616 a 635 casi, nel 1965 sale a 927 casi e nel 1968 ha un’impennata a 2782. In questa crescita, il numero dei consumatori di eroina passa dai 57 casi del 1954 ai 2240 (su 2782 totali, cioè l’80,5%) del 1968.
E’ vero che in parte, questo aumento si deve all’immigrazione di tossicodipendenti canadesi e americani, attirati dalla possibilità di ricevere prescrizioni regolari di oppiacei, compresa l’eroina, senza la minaccia continua della polizia criminale.


Ma quello che soprattutto preoccupa le autorità inglesi è che i “nuovi” tossicodipendenti da eroina sono soprattutto giovani sotto i vent’anni che se la procurano sul “mercato grigio”.
La rilevazione di alcuni casi anomali di medici che sono praticamente diventati solo “junkie doctors” e che prescrivono - senza violare tecnicamente la legge - quantità eccezionalmente elevate di eroina (e cocaina) a singoli pazienti portano a un drastico giro di vite.
Ai medici del Servizio Sanitario Nazionale si vieta di prescrivere eroina (e cocaina) per il mantenimento dei loro pazienti tossicodipendenti. Se il paziente vuole continuare a usare eroina e/o cocaina deve essere inviato presso speciali Centri di assistenza (in genere presso ospedali o cliniche universitarie) che hanno ancora l’autorizzazione a prescriverle.

Dopo il 1968, le prescrizioni di eroina si riducono molto, soprattutto a favore del metadone (per bocca ma anche iniettabile). Col senno di poi, si vedrà che le cliniche - per eccesso di prudenza e sotto la pressione dell’opinione pubblica - sono portate a una drastica sottoprescrizione delle sostanze più richieste, in particolare dell’eroina iniettabile. Nel 1971 le cliniche prescrivono 14,2 kg di eroina e 15,3 kg
di metadone. Nel 1978, 8,5 kg di eroina e 31,5 kg di metadone.
I “nuovi” pazienti non ricevono mai eroina, ma solo metadone.
L’eroina è riservata ai “vecchi” pazienti già stabilizzati, e anche questi nel tempo, appena possibile, vengono spostati sul metadone.
Inoltre, sempre meno metadone viene prescritto in forma iniettabile, e sempre di più per via orale.

Il passaggio dalla prescrizione allegra alla sottoprescrizione porta - come previsto - all’apertura di ampi spazi di mercato per il traffico illegale. La prima eroina illecita è sequestrata in Gran Bretagna nel 1971 (1,1kg), ma in pochi anni i sequestri - indicatori della disponibilità - salgono vertiginosamente.
In realtà il fenomeno non è solo inglese: per motivi che non sono stati ancora accuratamente analizzati, risale a quegli stessi anni la nascita e la rapida crescita del fenomeno “eroina” in tutta Europa, Italia compresa.

La terapia di mantenimento “indefinito” con eroina ha un ultimo baluardo.
E’ la Liverpool Drug Clinic, dove Allan Parry e John Marks continuano a giudicare l’eroina insostituibile nell’attrarre e mantenere in trattamento anche i tossicodipendenti più refrattari.
Parry e Marks sono per anni i principali sostenitori di un approccio estremamente pragmatico e basato sulla massima attenzione al paziente. Con l’arrivo dell’AIDS, sono i primi ad avviare quella politica di “riduzione del danno” che verrà - almeno a parole - rapidamente accettata in quasi tutto il mondo.
Per l’eroina, sperimentano un nuovo modo di somministrarla, meno pericoloso delle iniezioni ma ugualmente soddisfacente per i pazienti: le sigarette all’eroina, appositamente preparate.


Nel 1988, il dott. Marks - dopo una serie di problemi politici locali - lascia Liverpool per il North Cheshire.
Nel 1994, è probabilmente l’ultimo responsabile di una Drug Clinic a prescrivere ancora in molti casi eroina - iniettabile o fumabile - per il mantenimento a lungo termine.
Ma la linea del governo britannico si è ormai totalmente spostata sul metadone, e le autorità locali non trovano di meglio che sollevare un problema di costi, dato che le preparazioni personalizzate di eroina prescritte da Marks costano molto più dello sciroppo di metadone.

Il 1 aprile 1995, il dr. Marks è sostituito alla clinica di Widnes da un nuovo medico, che si assume fra le proteste dei pazienti il compito ingrato di assicurare la transizione al metadone.
Come il dott. Butler di Shreveport 72 anni prima, Marks affida il suo amaro addio a una rivista, con un articolo intitolato “Chi ha ucciso il Sistema inglese?” (Druglink, luglio-agosto 1995).
Appena un anno prima, il 16 aprile del 1994, sull’autorevole The Lancet era apparsa una sua analisi statistica, da cui si deduceva che l’eroina era probabilmente più sicura - in termini di decessi - del metadone.


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Per un approfondimento del problema della somministrazione di eroina rinvio all’ampia analisi della letteratura scientifica fatta dalla Dr. Annie Mino nella sua “Expertise” per l’Ufficio Federale della Sanità Pubblica della Confederazione Elvetica (Settembre 1990).
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*Claudio Cappuccino è membro del comitato scientifico di "Forum Droghe"
e del consiglio direttivo di ACT (Associazione per la Cannabis Terapeutica). Collabora a "Fuoriluogo", "Narcomafie" e alla newsletter "Medical Cannabis" (http://medicalcannabis.listbot.com)

1 Commenti:

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